Il lavoro minorile si radica nella povertà delle famiglie ed è la conseguenza più concreta della disuguaglianza. Un fenomeno in crescita, nonostante le Convenzioni internazionali a protezione di bambini e adolescenti.
Il lavoro minorile è ancora una piaga che non accenna a rimarginarsi: e dal Covid in poi si assiste a una controtendenza con una crescita esponenziale dei numeri. Oltre a un problema legale, di mancato rispetto dei diritti dei bambini e delle bambine stabiliti dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia, il lavoro minorile è la manifestazione più concreta e scandalosa della disuguaglianza e della povertà che ancora affliggono milioni di famiglie nel mondo.
Che cosa si intende per lavoro minorile?
Il lavoro minorile riguarda l’impiego di minori al di sotto dell’età minima lavorativa definita dalla legge. I livelli sono molto diversificati: si va dall’aiuto in ambito domestico familiare alle forme, molto più gravi, di riduzione in schiavitù e di prostituzione. In mezzo, tante sfumature ma con minimi denominatori comuni: i minori che lavorano molto spesso non frequentano la scuola e si concentrano nelle aree più povere del pianeta. In particolare in Africa dove si trova quasi la metà dei bambini e delle bambine che lavorano, seguita da Asia e America Latina. Ma nemmeno l’Europa e l’Italia sono esenti da questo fenomeno. L’organizzazione internazionale del lavoro parla di 160 milioni di minori impiegati nel mondo, di cui soltanto 98 milioni nel settore agricolo. La restante parte nell’edilizia e nel manifatturiero. Lavori pericolosi e che ne compromettono la salute psicofisica riguardano circa 80 milioni di minori.
Quali sono le cause del lavoro minorile
Lo sfruttamento dei minori in ambito lavorativo nasce come fenomeno sociale soprattutto durante la rivoluzione industriale dove i figli e le figlie delle famiglie di operai venivano spinti ad arruolarsi nelle fila delle fabbriche, sfruttando la loro abilità manuale retribuita a basso costo.
Da sempre, la causa del lavoro dei minori risiede nella condizione di povertà economica e culturale delle famiglie. Con la crescita di una cultura invece di protezione dell’infanzia, alimentata fin dall’800 dagli studi su questo fenomeno e dall’impegno di molti ricercatori e intellettuali, la lotta al lavoro minorile diventa prioritaria in Europa e negli Stati Uniti, in prima linea a debellare questo fenomeno. Ed è con la creazione dell’Unicef nel 1946 e la Convenzione Onu sui diritti dei bambini e degli adolescenti che questa battaglia conosce una accelerazione. Fino ad arrivare ai nostri giorni, dove però, più recentemente, i numeri indicano una battuta d’arresto.
La situazione in Italia e nel mondo
Negli ultimi anni infatti il fenomeno ha ricominciato a crescere: se nel 2016 il numero si era attestato sui 98 milioni, gli ultimi dati ufficiali parlano di 160 milioni. Uno dei fattori che ha causato questa crescita è stato il Covid: il blocco o la sospensione delle attività lavorative, la chiusura o la difficoltà nel raggiungere le scuole hanno causato un aumento della povertà e di conseguenza un maggior coinvolgimento dei minori in attività lavorative a sostegno delle loro famiglie.
Le conseguenze del lavoro minorile
I bambini e gli adolescenti che lavorano vedono compromessi i loro diritti fondamentali, in particolare:
- il diritto allo studio;
- il diritto a una crescita fisica e psicologica in armonia con l’età;
- il diritto al gioco e allo svago;
- il diritto alla salute e al benessere psicofisico;
- il diritto a non lavorare.
Nei casi più gravi:
- il diritto al cibo;
- il diritto alla casa;
- il diritto ad avere una famiglia.
Le normative presenti contro lo sfruttamento minorile
Gli strumenti legislativi a livello internazionale che fanno da riferimento per le leggi nazionali sul lavoro minorile sono la Convenzione n. 138 sull’età minima del 1973 e la Convenzione n. 182 sulle peggiori forme di lavoro minorile del 1999, ratificate ad oggi rispettivamente da 161 e 174 Stati.
Ecco le principali novità introdotte dalle due Convenzioni:
1. si identificano come “bambini” i minori con un’età inferiore ai 18 anni, e come lavoro minorile da eliminare il lavoro svolto da un bambino al di sotto dell’età minima (14, 15 o 16 anni) prevista per un determinato tipo di lavoro e che non deve essere tale da compromettere l’istruzione e il pieno sviluppo del minore;
2. si identificano le peggiori forme di lavoro minorile quali la schiavitù, la tratta di minori, la servitù per debiti, il lavoro forzato, il reclutamento forzato dei minori per il loro impiego in conflitti armati, la prostituzione e la pornografia, e tutte le attività illecite, ed il lavoro che, per sua natura o per le circostanze in cui viene svolto, può pregiudicare la salute, la sicurezza e la moralità del minore;
3. si stabilisce che l’età minima non deve essere inferiore a quella in cui termina la scuola dell’obbligo e, in tutti i casi, non deve essere inferiore ai 15 anni di età. Nei paesi in via di sviluppo l’età può essere di 14 anni
4. è prevista la possibilità di svolgere “lavori leggeri” per i bambini dai 13 anni, o dai 12 anni nei paesi in via di sviluppo.
5. tutti quei lavori che possono compromettere la salute, la sicurezza o la morale dei minori sono vietati sotto i 18 anni, in alcuni casi e solo solo in presenza di condizioni particolari si può scendere ai 16 anni.
Altri strumenti fondamentali nella lotta al lavoro minorile sono la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia (Art. 32) e il documento del 2009 “Status of the Convention on the Rights of the Child” dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Cosa possiamo fare per combattere lo sfruttamento minorile nel mondo
Le ricerche ci dicono che molti minori lavoratori sono impiegati nella coltivazione e nella produzione di alcune delle materie prime più utilizzate al mondo: alle piantagioni di cacao in Africa occidentale o di cotone in India, oppure nell’estrazione dell’oro e dei metalli o nella produzione di capi di abbigliamento. Per questo il nostro consiglio è quello di scegliere con cura quando acquistiamo, verificando l’origine dei prodotti che compriamo e, soprattutto, facendo attenzione al prezzo. Dietro i sottocosto o i grandi sconti si nasconde spesso lo sfruttamento delle persone più deboli e in particolare dei minori.
L’impegno di Fairtrade contro il lavoro minorile
Gli Standard Fairtrade proibiscono il lavoro minorile nel rispetto delle Convenzioni OIL. E FLOCERT, che esegue le ispezioni per conto di Fairtrade, ne controlla il rispetto. Tuttavia il Prezzo Minimo e il Premio Fairtrade spesso non sono sufficienti a garantire alle famiglie un reddito dignitoso, anche a causa della bassa percentuale di prodotto che le cooperative riescono a vendere a condizioni Fairtrade. Il Programma di prevenzione al lavoro minorile e al lavoro forzato di Fairtrade sta agendo in particolare in Africa occidentale dove si stima ci siano 1 milione e mezzo di bambini impiegati nella coltivazione del cacao. Quattro sono le cooperative coinvolte (CANN, DAVO e SOCAMEA in Costa D’Avorio e ABOCFA in Ghana) che hanno ricevuto i fondi da alcune organizzazioni Fairtrade e da partner commerciali per sviluppare progetti in questo ambito:
- realizzazione di nuove aule nelle scuole;
- installazione di pannelli solari e impianti per la depurazione dell’acqua;
- acquisto di biciclette che permettano agli studenti di raggiungere più facilmente le scuole;
- formazione finalizzata a prevenire il lavoro minorile.
Sostieni Fairtrade e acquista prodotti certificati: in questo modo ci aiuterai a dare un reddito migliore alle famiglie di agricoltori e a prevenire il lavoro minorile in Africa, Asia e America Latina.