Fairtrade è Terzo Settore

Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 2 agosto del decreto n.117 relativo al Codice del Terzo Settore, si conclude l’iter legislativo della riforma, avviato più di tre anni fa con la pubblicazione delle “Linee guida” da parte del Governo.
Un percorso lungo, articolato, fatto di pause e accelerazioni, ma anche partecipato, pur se in modo alterno, da parte dei soggetti interessati, che in vario modo hanno potuto interloquire con le Istituzioni. Anche Fairtrade Italia, durante la fase di approvazione della “legge delega”, è stata invitata a partecipare a un’audizione presso la Commissione Affari Costituzionali del Senato, segnale della volontà da parte di Governo e Parlamento di coinvolgere tutti i soggetti potenzialmente interessati alla riforma.
Il nuovo corpus normativo dichiara l’obiettivo di sostenere quella “autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa”.

Commercio equo, dentro a pieno titolo

Definendo e sostenendo il Terzo settore in questo modo, la legge include il commercio equo, ricomprendendolo tra le “attività di interesse generale” esercitate dagli enti del Terzo settore, e riconoscendolo, nelle diverse sue forme, come uno strumento fondamentale per perseguire il bene comune e per far crescere coesione e protezione sociale.
Del resto noi ci sentiamo (e siamo) soggetti di quel mondo fin dalle origini: da sempre pensiamo che la nostra attività, finalizzata alla promozione e diffusione del commercio equo certificato, sia un potente strumento per perseguire l’interesse collettivo, attraverso lo scambio di beni e servizi.
Ma con la riforma si disegna anche una via italiana all’impresa sociale, che introduce regole e opportunità per quei soggetti che come noi perseguono stabilmente l’interesse generale attraverso gli strumenti dell’economia. Ci riferiamo in particolare ai cittadini e al mondo delle aziende “for profit” che, con gli incentivi fiscali per quanto investito nel capitale delle imprese sociali, potranno contribuire a far crescere le organizzazioni dando loro il respiro necessario a realizzare le “grandi opere”: non quelle che cementificano il nostro territorio, ma le coraggiose intraprese che con pazienza e costanza contribuiscono a cambiare alla base le condizioni di vita di milioni di persone alle quali oggi sono negati i più elementari diritti.

Un altro tassello nell’iter normativo

Il riconoscimento formale del commercio equo all’interno della riforma del Terzo settore, è un altro tassello fondamentale del processo di riordino normativo che riguarda anche l’ambito della Cooperazione internazionale allo sviluppo. Con la legge 125/2014 le organizzazioni del commercio equo erano già state riconosciute come attori di cooperazione allo sviluppo tra le organizzazioni della società civile.
A chiudere il quadro ora, non resta che attendere la definitiva approvazione del progetto di legge “per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale “, già passato dalla Camera dei Deputati nel marzo 2016 e che tutt’ora attende il definitivo via libera dal Senato.
A oltre trent’anni dalle prime esperienze di commercio equo e a oltre venti dalla costituzione del Consorzio Fairtrade che ha portato in Italia il marchio internazionale di certificazione del commercio equo, il riconoscimento definitivo di una esperienza di successo, a cavallo tra mercato e sociale, potrebbe così concludersi.
 
Giuseppe Di Francesco, Fairtrade Italia

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